
Posizioni organizzative, i «funzionari» complicano la contrattazione
di Gianluca Bertagna
Q
E
L
E
L
La questione del finanziamento delle posizioni organizzative con imputazione al bilancio anziché al fondo delle risorse decentrate sta assumendo connotati surreali. Quella che avrebbe dovuto essere una manovra per favorire le relazioni sindacali rischia di creare maggiori contrasti in sede di contrattazione decentrata. L’idea non sarebbe sbagliata, ma purtroppo l’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017 che impone di non superare l’importo del trattamento accessorio del 2016 complica non poco le cose.
Il finanziamento
Ad oggi, negli enti con la dirigenza le posizioni organizzative sono finanziate dal fondo del salario accessorio. Con l’entrata in vigore del contratto nazionale delle Funzioni Locali, il nuovo fondo verrà costituito al netto di queste risorse; il che significa che i valori della retribuzione di posizione e di risultato verranno finanziati direttamente dal bilancio come accade, da sempre, negli enti senza la dirigenza. Di fatto, in sede di prima applicazione, si verrà a costituire un budget delle posizioni organizzative pari a quello che gli enti hanno destinato alla stessa finalità nell’anno 2017.
Il problema è che gli enti dovranno considerare entrambi gli aggregati all’interno del tetto del salario accessorio del 2016 e le disposizioni contrattuali non prevedono automatismi sul passaggio delle risorse da un budget all’altro.
Ad oggi, negli enti con la dirigenza le posizioni organizzative sono finanziate dal fondo del salario accessorio. Con l’entrata in vigore del contratto nazionale delle Funzioni Locali, il nuovo fondo verrà costituito al netto di queste risorse; il che significa che i valori della retribuzione di posizione e di risultato verranno finanziati direttamente dal bilancio come accade, da sempre, negli enti senza la dirigenza. Di fatto, in sede di prima applicazione, si verrà a costituire un budget delle posizioni organizzative pari a quello che gli enti hanno destinato alla stessa finalità nell’anno 2017.
Il problema è che gli enti dovranno considerare entrambi gli aggregati all’interno del tetto del salario accessorio del 2016 e le disposizioni contrattuali non prevedono automatismi sul passaggio delle risorse da un budget all’altro.
Le possibili situazioni
In concreto potrebbero verificarsi tre situazioni diverse. All’interno dell’ente si mantengono le stesse quote del punto di partenza. Ipotizziamo che il limite del 2016 sia pari a 150 e che l’ente abbia destinato nel 2017 un importo pari a 50 per le posizioni organizzative. Nel 2018 si dovrà costituire un fondo di 100 e un “fondo” per le posizioni organizzative di 50. Se nel tempo questo equilibrio non cambia, non ci sono più relazioni sindacali da porre in essere sul tema.
Un secondo caso accade quando l’amministrazione intende ridurre stabilmente il numero delle posizioni organizzative, per esempio per una riorganizzazione. A questo punto, ipotizziamo che il valore da destinare a questa finalità riduca il “fondo” delle posizioni organizzative a 40. Con il limite fissato a 150 si crea, quindi, la possibilità di aumentare il fondo del salario accessorio di 10 fino a poter giungere a 110. Non sembra però esserci alcun automatismo in quanto l’articolo 5 dell’ipotesi di contratto nazionale afferma che questa movimentazione dovrà avvenire previo confronto tra le parti sindacali anche per individuare le facoltà di incremento del fondo dei dipendenti.
Potrebbe infine esserci la necessità di procedere in modo contrario, aumentando il numero delle posizioni organizzative. In questo caso un maggior costo ipotizzato di 5 porterebbe il fondo delle posizioni organizzative a 55 con l’obbligo, per rispettare il limite di euro 150 di andare a ridurre il fondo dei dipendenti. Questa azione diventa però piuttosto complicata in quanto l’articolo 7 del contratto nazionale in arrivo prevede che venga contrattata con i sindacati.
Com’è possibile vedere, in definitiva, sia in un caso sia nell’altro sarà sempre necessario condividere le scelte anche al tavolo delle relazioni sindacali, per tutta la durata del vincolo previsto all’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017.
In concreto potrebbero verificarsi tre situazioni diverse. All’interno dell’ente si mantengono le stesse quote del punto di partenza. Ipotizziamo che il limite del 2016 sia pari a 150 e che l’ente abbia destinato nel 2017 un importo pari a 50 per le posizioni organizzative. Nel 2018 si dovrà costituire un fondo di 100 e un “fondo” per le posizioni organizzative di 50. Se nel tempo questo equilibrio non cambia, non ci sono più relazioni sindacali da porre in essere sul tema.
Un secondo caso accade quando l’amministrazione intende ridurre stabilmente il numero delle posizioni organizzative, per esempio per una riorganizzazione. A questo punto, ipotizziamo che il valore da destinare a questa finalità riduca il “fondo” delle posizioni organizzative a 40. Con il limite fissato a 150 si crea, quindi, la possibilità di aumentare il fondo del salario accessorio di 10 fino a poter giungere a 110. Non sembra però esserci alcun automatismo in quanto l’articolo 5 dell’ipotesi di contratto nazionale afferma che questa movimentazione dovrà avvenire previo confronto tra le parti sindacali anche per individuare le facoltà di incremento del fondo dei dipendenti.
Potrebbe infine esserci la necessità di procedere in modo contrario, aumentando il numero delle posizioni organizzative. In questo caso un maggior costo ipotizzato di 5 porterebbe il fondo delle posizioni organizzative a 55 con l’obbligo, per rispettare il limite di euro 150 di andare a ridurre il fondo dei dipendenti. Questa azione diventa però piuttosto complicata in quanto l’articolo 7 del contratto nazionale in arrivo prevede che venga contrattata con i sindacati.
Com’è possibile vedere, in definitiva, sia in un caso sia nell’altro sarà sempre necessario condividere le scelte anche al tavolo delle relazioni sindacali, per tutta la durata del vincolo previsto all’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento